“Aver rinviato l’apertura avrà ripercussioni sull’intera filiera. Così ci costringono alla chiusura definitiva”. Ad affermarlo è Donata Gavazza, presidente di Federmoda-Confcommercio Savona, facendosi portavoce della rabbia e della delusione dei suoi colleghi, che (secondo quanto stabilito dal Dpcm emesso giusto ieri dal premier Giuseppe Conte) potranno riprendere la loro attività il prossimo 18 maggio.

Altre tre settimane di chiusura forzata, dunque, che lascia gli esercenti del settore dell’abbigliamento perplessi e amareggiati: “Capiamo che i contagi non siano bassi, ma se noi seguiamo i protocolli ed effettuiamo la sanificazione degli ambienti, facciamo entrare i clienti uno per volta e facciamo indossare loro mascherine e guanti. Andare nei supermercati è meglio? Qual è il problema? La prova dei capi?”.

Secondo i negozianti è fondamentale riaprire perché “ci sono famiglie che dipendono da questo” e ci sono “dipendenti ai quali ancora non è arrivata la cassa integrazione”. Senza contare le spese come “affitti, utenze, banche, fornitori. Farci aprire il 18 maggio vuole dire non fare riaprire il 40 per cento delle attività. Non continuiamo a cercare di prendere tempo, affrontiamo il problema e torniamo a lavorare. Seguendo le regole, ma torniamo a lavorare”.

Secondo la presidente di Federazione Moda-Confcommercio Savona, Donata Gavazza, questa sembra “la cronaca di una morte annunciata. Abbiamo bisogno di ripartire il prima possibile per far fronte alle necessità di cassa di un settore che vive sulla stagionalità. Questo ulteriore slittamento creerà un danno irreparabile: un prevedibile calo di consumi per il 2020 di oltre 15 miliardi di euro che porterà almeno 17mila punti vendita ad arrendersi, con una perdita di occupazione di oltre 35mila persone”.

“Le aziende del settore – prosegue Gavazza – hanno effettuato gli acquisti dei prodotti della stagione in corso circa 8 mesi fa e avrebbero dovuto essere messi in vendita a partire dal mese di marzo; ad oggi tutta la merce è ancora imballata in magazzino ed è destinata a rimanere in gran parte invenduta con il prolungamento dell’obbligo di chiusura. Nel frattempo i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle obbligazioni assunte che non saremo, a causa della mancanza di liquidità, in condizione di onorare come in tempo di normalità. Si prefigura un pericolo per la tenuta della filiera e, da questo punto di vista, sollecitiamo Confindustria Moda ad un’assunzione di responsabilità per condividere con il retail il rischio derivante dalla perdita di un’intera stagione, attraverso il diritto di reso”.

“Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l’apertura di altre tre settimane dei negozi, visto che l’Inail ha classificato il nostro settore a basso rischio e che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza. E neppure comprendiamo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando invece sono molto diversi i dati epidemiologici di diffusione. Serve ripartire il prima possibile – conclude Gavazza– non il 18 maggio. Delusi e preoccupati, chiediamo con forza al Governo di ritornare su questa decisione. Ora urgono liquidità vera attraverso contributi a fondo perduto, zero burocrazia e una moratoria fiscale e contributiva al 30 settembre”.